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LE NEUROSCIENZE AL SERVIZIO DEL DESIGN: TRASFORMARE LA USER EXPERIENCE CON IL NEUROMARKETING

La comprensione delle basi cognitive che guidano le decisioni e le preferenze degli utenti ha portato a interfacce utente sempre più intuitive: dalla navigazione di siti web e app, all'uso di dispositivi domestici intelligenti e interfacce auto. I designer ora possono utilizzare principi neuroscientifici per creare layout che guidino naturalmente l'utente verso percorsi di azione desiderati, migliorando l'usabilità e l'efficacia del design, in gergo la user experience (UX).

Perché usiamo sempre meno i manuali di istruzioni? “Perché alla base del design c’è il principio del facile utilizzo, o meglio intuitivo – racconta Elena Sabattini, founder di B Side, laboratorio di neuromarketing. Prendiamo la realizzazione di un sito internet: le verifiche della facilità di utilizzo sono nel tempo state condotte in molti modi: con analisi dei dati di navigazione (performance del sito, ad esempio), con metodologie qualitative (facendo navigare il sito ad utenti tipo e facendoli esprimere su eventuali problematiche), e così via. Oggi le neuroscienze contribuiscono in modo significativo alla comprensione della reazione all’esperienza dell’utente sullo specifico sito. E lo fanno attraverso dati scientifici che a volte confutano quelli ottenuti con le metodologie tradizionali.”

In pratica
È il caso studio di un’azienda nel settore della gestione delle acque, che aveva necessità di ricostruire un sito che facesse arrivare i messaggi al suo pubblico in modo efficace.  Scelto un campione in target, sono stati utilizzati in modo sinergico Elettroencefalografia (EEG) ed Eye Tracking, che ha reso possibile definire l’impatto non coscio, cognitivo ed emotivo, degli utenti di fronte al nuovo layout del sito. Volendo testare la percezione e la fruibilità del sito, sono state analizzate le modalità tipiche di esplorazione visiva nonché la presenza di aree ad alto interesse percettivo in grado di catturare e mantenere l’attenzione dei partecipanti. Al termine del test i partecipanti sono stati invitati a compilare un questionario, somministrato “a sorpresa” per non influenzare in alcun modo l’esperienza di navigazione precedente.

“Inizialmente è stato chiesto ai partecipanti di esplorare liberamente la home page, - continua Sabattini - decidendo in autonomia con quali contenuti interagire e quando interrompere la navigazione. Attraverso la simulazione del reale contesto di fruizione dello stimolo, abbiamo discriminato le informazioni a cui spontaneamente veniva dedicata attenzione e quelle che invece venivano ignorate.”

Nel sito era presente anche una scheda prodotto, era importante per il cliente che fossero visibili tutte le informazioni e facilmente fruibile.

Dai dati è emerso che i partecipanti si soffermavano sulle informazioni tecniche a discapito degli elementi grafici e pittorici. Complice l’alta expertise del campione, i principali picchi di attenzione e di emozionalità positiva si sono registrati in corrispondenza di tabelle tecniche e documentazione scaricabile; al questionario finale, entrambe sono state menzionate più volte tra gli aspetti graditi del sito e descritti di utilità per lo svolgimento del proprio lavoro.

Al contrario, le immagini e gli elementi iconici vengono visualizzati da meno della metà del campione, registrando una densità di fissazione quasi nulla.

“Lo studio della user experience  - continua Sabattini - grazie al neuromarketing è stato arricchito dall’utilizzo delle strumentazioni biometriche. Nel caso studio qui citato, ad esempio, sono emerse indicazioni che sono state utili alla web agency per creare uno strumento digitale che fosse funzionale agli obiettivi dell’azienda e allo stesso tempo fruibile e facilmente navigabile dagli utenti, a volte in maniera controintuitiva rispetto a quanto si credeva prima del test stesso.”