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Italia Comunicante. Pensieri molto liberi sul mondo della comunicazione

Dal prossimo 20 giugno sarà in libreria e on line il nuovo libro di Angelo Baiocchi Italia comunicante. Pensieri molto liberi sul mondo della comunicazione. Con una prefazione di Stefano Lucchini, Fausto Lupetti Editore. Il libro “molto libero” e “avvincente e ritmato come un romanzo breve, di quelli che ti tengono inchiodato fino alla fine”, come scrive Stefano Lucchini nella prefazione, propone una serie di approfondite riflessioni - inusuali nei contenuti e nello stile - sullo stato dell’arte della comunicazione, un fattore sempre più centrale della nostra vita privata, sociale e politica. Si muove lungo due filoni principali: l’informazione da un lato e la comunicazione aziendale di marketing dall’altro. In aggiunta due focus sulla comunicazione pubblica-istituzionale e sulle nuove prospettive della tecnologia nel futuro a breve e medio termine.

Angelo Baiocchi – che ha percorso a lungo come manager, come docente universitario, come giornalista, i vari mari della comunicazione e ne conosce approfonditamente meccaniche, vizi e virtù - racconta il funzionamento, la realtà e le mitologie di questi filoni con ferrigna franchezza e originalità di visione.

Baiocchi riafferma non solo la fondamentale importanza del mondo della comunicazione nella nostra epoca - cosa forse ovvia - ma anche e soprattutto la dignità di questo mestiere: comunicare, un lavoro spesso superficialmente criticato da intellettuali e opinione pubblica, è - in realtà e a tutti gli effetti - un “mestiere onorevole”, così come è onorevole “produrre e guadagnare”, un mestiere inestricabilmente connesso sia alla prosperità economica sia alla stessa democrazia. E tanti lo esercitano con deontologia, professionalità, onestà intellettuale, capacità, impegno, fatica.

Per quanto riguarda l’informazione Baiocchi racconta la buona, la mala e la “malissima” comunicazione, di cui quella giudiziaria è “la più malissima “di tutte.  Le strategie del giornalismo televisivo perfettamente mutuate da quelle della gloriosa commedia dell’arte del ‘600 italiano. Le contorsioni equilibriste della crisis communication. Il lavoro border line degli uffici stampa. Le finzioni, e in larga misura i bluff, degli Influencer.  Lo psicodramma delle fake news, sulle quali la maggior parte dello strapparsi le vesti da parte del mondo dell’informazione tradizionale è del tutto inutile e senza senso.

Della comunicazione aziendale l’autore descrive con grande accuratezza il passaggio dal dorato mondo della pubblicità al lavoro delle agenzie interpretato da alcune aziende come commodity. E ancora: la preoccupazione dei gruppi di comunicazione di rimanere rilevanti, con qualche indicazione per riuscirci, la responsabilità sociale dell’impresa che sembra stia bene su tutto meno che sul lavoro per non parlare dei miti verbosi sul cambiamento epocale che ogni trimestre partorirebbe qualche cosa di nuovo, per cui il nuovo marketing applicato solo tre mesi prima si rivela obsoleto. Ecco allora descritti magistralmente sia il talvolta complicatissimo se non criptico processo delle gare per l’assegnazione dei budget pubblicitari sia le gare stesse al ribasso senza fine. I giochi di potere che, come ovunque e sempre nella società umana, si materializzano intorno al tavolo cliente-agenzia così come restano stabili i riti linguistici e i proclami autoreferenziali degli uomini di marketing e di pubblicità. Ovvero tutti gli elementi che rendono il mercato italiano sempre un po’ diverso, sempre più vagamente “isterico” rispetto agli altri.

In ultima analisi - si chiede Baiocchi nel libro - non ci si può sottrarre, specie nell’insegnare ai giovani, alla domanda irrisolta e irrisolvibile che pone il lettore di fronte ad un bivio: che cosa definiamo “buona comunicazione”? Quella che segue le regole, non di rado ambigue, della correttezza o quella che fa vincere?

Perché, alla fine dei conti, vincere è importante. E allora Baiocchi prova anche a dare qualche consiglio, magari old fashion, ma in ogni caso utile per raggiungere la vittoria, anche se – avverte l’autore - nelle competizioni per i budget di comunicazione nessuno sa perché si vince e nessuno sa perché si perde. E non lo si impara mai, perché la comunicazione, nonostante gli algoritmi, non è una scienza esatta. Se così fosse basterebbe applicarne le regole. E per tutti sarebbe facile alla fine fare le scelte giuste.