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Giorgio Armani sulla copertina del nuovo numero di Rivista Studio

«Sento di fare parte di questa città, come questa città fa parte di me»: Giorgio Armani sul nuovo numero di Rivista Studio dedicato a Milano, racconta il suo rapporto passato e presente con la città, ma anche di moda e di contemporaneità.

Rivista Studio n. 37, in edicola dal 23 novembre, mette in copertina Giorgio Armani con un lungo pezzo firmato da Silvia Schirinzi, che ne racconta l’ascesa nella Milano degli anni ’70 e d’oggi: «Quegli anni Ottanta a Milano sono stati unici: la città aveva trovato una dimensione nuova, creativa, finanziaria, con uno spirito internazionale», dice lo stilista e continua: «Questa è il luogo del lavoro, del cambiamento, dello sviluppo. Stimola ad afferrare al volo quello che ti propone». Lo sarà anche nel futuro, ne è sicuro, perché «Milano ha costruito la struttura necessaria a fare di un fenomeno creativo e sociale un successo economico» ed è, ancora, la città più europea d’Italia.

Armani confessa anche che al lavoro ha dedicato tutto: «C’è stato un momento
nel quale ho pensato: adesso non posso 
rallentare, lo farò dopo l’evento a New York, o dopo la sfilata a Parigi o l’apertura della boutique a Londra o lo show in Giappone... Dopo ogni traguardo se ne aggiungeva un altro, il lavoro cresceva portando con sé responsabilità sempre più pesanti. E anche quella consapevolezza di sé che non permette di abbassare l’asticella perché bisogna essere sempre all’altezza della propria reputazione. Così il lavoro si è esteso fino a diventare tutto».

Secondo lo stilista, nonostante la moda sia una parte importantissima del Made in Italy, c’è ancora molto da lavorare perché le venga riconosciuto il ruolo che le spetta, anche per questioni storiche e culturali: «DC e PCI hanno generato quel fenomeno definito “cattocomunismo” per il quale si può accettare il design, ritenuto una manifestazione intellettuale, ma non la moda, considerata frivola». Mentre, a differenza di altri, considera ancora le sfilate il mezzo giusto per rappresentarla: «Come disse Churchill a proposito della democrazia, forse non è il mezzo migliore, ma è il migliore di tutti quelli provati fino a oggi».

Sull’impatto dei media digitali, Armani ha opinioni abbastanza nette: «Trovo singolare questo concetto continuo di esclusione. Internet deve sostituire i giornali, i viaggi e il benessere sostituiscono i vestiti. Io direi che forse ci sarà qualche abito in meno e qualche viaggio in più».

Lui, d’altronde, continua a leggere giornali ogni mattina: «Mi aiutano a chiarire i dubbi, mi aiutano a restare ancorato alla realtà e a non perdermi nel mondo virtuale… L’uomo Giorgio Armani è prudente e ha una familiarità relativa con il mezzo digitale», soprattutto non gli è chiaro il rapporto di quest’ultimo con la creatività e specialmente con la moda, forse ha a che fare «con la comunicazione e il racconto di sé», ma è una sofisticazione alla quale non è così interessato.