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Barnaba Fornasetti sulla copertina del nuovo numero di Rivista Studio

Rivista Studio, in edicola dal 23 novembre, mette in copertina Barnaba Fornasetti, intervistato da Federico Sarica e fotografato da Jonathan Frantini
«Come è possibile anche solo immaginare un rilancio della competitività italiana slegata da una valorizzazione del bello e del settore creativo?», Barnaba Fornasetti, sul nuovo numero di Rivista Studio dedicato a Milano, racconta i suoi trent’anni a capo dell’azienda di famiglia, ma anche di Milano e del made in Italy.

Rivista Studio n. 37, in edicola dal 23 novembre, mette in copertina Barnaba Fornasetti, a capo dell’omonimo marchio di design, con una lunga intervista firmata dal direttore Federico Sarica e un servizio fotografico di Jonathan Frantini scattato nelle stanze di Casa Fornasetti.

Nell’intervista Fornasetti racconta di com’è iniziata la sua avventura al timone dell’azienda di famiglia: «È stata un’avventura, inaspettata e imprevedibile sin dall’inizio, da quando mio padre mi ha chiamato a collaborare chiedendomi aiuto in un momento di difficoltà. In quel momento il mio percorso andava in tutt’altra direzione, ero lontano da casa da più di dieci anni; eppure non ho mai messo in discussione quello che poi ho fatto: rientrare a Milano, rimboccarmi le maniche e impegnarmi a rimettere sui binari quella straordinaria eredità artistica e culturale che mio padre aveva deciso di lasciarmi».

Andando più nel dettaglio dell’incredibile patrimonio di oggetti prodotto dalla sua azienda, Fornasetti dice che «c’è un aspetto fondamentale che riguarda l’immaginario da cui attinge Fornasetti: è quello in cui tutti ritrovano frammenti di memorie culturali. Le fonti di ispirazioni del linguaggio visivo creato da mio padre sono molteplici e vengono da quel passato che ha sede nel nostro inconscio collettivo. Si tratta di figure che sono da sempre nelle nostre menti e memorie. Fornasetti vi ha preso ispirazione e le ha rielaborate dando vita a un mondo onirico, denso di immagini e colori, attraversato daun’ironica fantasia. È per questo che spesso colpisce persone che hanno un certo tipo di profondità culturale».

Rispetto a Milano, la città in cui l’azienda opera da sempre, Fornasetti la vede così: «Èuna città che non sta mai ferma, in cui tutto ciò che è avveniristico ha un incredibile fascino e prende subito piede. Il lavoro ha un ruolo centrale a tal punto che diventa un elemento attorno al quale si stringe molta della socialità e del divertimento… Credo che ilbinomio creatività razionalità sia insito nel dna di Fornasetti e anche di Milano: i nostri oggetti sono funzionali e dal forte contenuto artistico».

Fornasetti sostiene inoltre che il rapporto tra bellezza e industria «andrebbe valorizzato». E dice ancora: «Come è possibile anche solo immaginare un rilancio della competitività italiana slegata da una valorizzazione del bello e del settore creativo? Se l’Italia è patria della bellezza non è (solo) perché ha saputo accumulare e conservare un patrimonio straordinario di monumenti e opere d’arte, ma perché ha saputo mantenere viva quella cultura del lavoro e della soggettività che rende così vari e così vivi i suoi manufatti».