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La campagna COLOR CARNE raggiunge i suoi obiettivi

Ce l’hanno fatta. Giuditta Rossi, strategist nera e Cristina Maurelli storyteller bianca hanno cambiato l’italiano. C’è molta soddisfazione in casa Bold Stories, società di consulenza che si occupa di strategie di narrazione, per il successo della recente campagna di advocacy COLOR CARNE.  La Garzanti ha infatti cambiato la definizione del termine “color carne” sul suo dizionario on line, in attesa di farlo anche su quello cartaceo di prossima pubblicazione. Anche in Italia dunque definire il color carne come solo rosa o beige è discriminatorio e non rappresentativo di tutti i colori della pelle di ogni persona.

Partita sui social a fine febbraio e proseguita con largo eco da parte di radio, stampa e tv, la campagna che intendeva cambiare colore al color carne, in meno di due mesi ha raggiunto i suoi obiettivi attraverso la condivisione di card, immagini e video sul tema con migliaia di condivisioni, prevalentemente su Instagram e LinkedIn.

Moltissimi influencer di diversi settori e interessi, le cui community raggiungono più di 2 milioni di persone, hanno sostenuto il progetto con entusiasmo.

Anche i media hanno dato spazio al racconto di questa campagna partecipata: 20 testate (da Il Corriere della Sera, a Il Manifesto, da Vanity Fair a Luce), 10 programmi radio e tv e molti tra portali e blog anche internazionali. Sul sito colorcare.it, la pagina in aggiornamento.

“È un grandissimo risultato.” commenta Giuditta Rossi “Da oggi non ci saranno più giustificazioni per l’utilizzo del termine color carne = solo rosa, né sulle etichette dei prodotti che acquistiamo, né nell’uso di tutti i giorni. Il movimento che si è generato ha modificato il linguaggio e la percezione, ora è necessario ampliare la conversazione e agire.”

“Sembrava una cosa impossibile” aggiunge Cristina Maurelli “invece i tempi sono maturi anche in Italia. E il successo della campagna indica proprio che è il momento per brand, istituzioni e organizzazioni di pensare, progettare e creare prodotti ed esperienze in cui tutte le persone possano davvero sentirsi rappresentate.”

Anche i dizionari Nuovo Devoto-Oli e Lo Zingarelli - Zanichelli si sono impegnati a cambiare nelle nuove edizioni. Mentre, come detto, Garzanti ha già provveduto a inserire un avviso per un uso consapevole di questa espressione, che adesso è ufficialmente segnalata come “discriminatoria perché assume come unico riferimento il colore della pelle bianca, senza considerare tutte le possibili colorazioni e sfumature che può avere la carnagione umana.”

Concetti che sembrano inoffensivi, in particolare nel linguaggio e nelle rappresentazioni visive, possono invece nascondere, spesso inconsciamente, una discriminazione. E proprio per quanto riguarda le rappresentazioni visive, digitando su Google “color carne”, le card della campagna hanno invaso la ricerca per immagini.

Alcuni brand del mondo della cosmesi e della moda hanno appoggiato spontaneamente la campagna. Il progetto, infatti, diventa occasione per immaginare un modo diverso di fare business. Raccontare e rappresentare le persone con autenticità significa far sentire che il brand è lì per loro, per aiutarle a raggiungere i loro obiettivi. Questo permette spesso di intercettare nuovi segmenti di mercato e ampliare il potenziale bacino di clienti. Secondo il Diversity Brand Index 2022, il gap in termini di crescita dei ricavi tra un brand inclusivo e una marca non inclusiva, infatti, può superare il 23%.

Il sito colorcarne.it è attualmente in prima posizione nella ricerca e proprio sul sito si trovano numerosi esempi di come in diversi settori viene declinata questa tematica: dai cerotti inclusivi alle matite, dall’intimo alle scarpette da danza. Sempre sul sito sono disponibili i video che raccontano le varie fasi del progetto e le card da condividere sui social.

Di che colore, dunque è il color carne? La risposta è una sola: di tutti i colori dell’umanità.

Color Carne è un progetto di advocacy a cura di Bold Stories.